Il Santuario e i Simulacri

La Chiesa delle Trache esisteva sicuramente prima del 1760. E’ documentato da una targa nella quale si legge: « Questa Chiesa fu riedificata e rifatta a cura dei Procuratori Don Carmelo Merante e Don Giuseppe Antonio Colao, nonchè dal Parroco Don Francescantonio Capilupi dall’anno 1759 fino all’anno 1762 ».

Le espressioni « riedificata e rifatta » non lasciano dubbio sulla esistenza della Chiesa anteriormente al 1759 e nello stesso tempo dimostrano che fu ricostruita dalle fondamenta o quasi, ma non autorizzano ad ammettere che la Chiesa preesistente fosse di minori dimensioni, fosse « una minuscola Chiesetta », come è stato detto ed anche scritto. Non esiste nessun elemento che consenta questa affermazione. E’ più logico pensare che l’antico Tempio fosse ridotto in cattivo stato per i continui terremoti che in quel epoca danneggiarono la Regione. Il Duomo di Catanzaro nel 1744 subì danni così gravi da costringere il vescovo De Cummis a trasferire la Cattedrale alla Chiesa dei frati di S. Francesco, oggi Chiesa del11mmacolata. Dobbiamo anche ricordare che la Procura nella prima metà del ‘700 sovvenzionava un romito, e, se ammettiamo che fosse destinato alla custodia della Chiesa delle Trache, non possiamo supporre che questa fosse una minuscola Chiesetta o addirittura un rudere.

Il tempio, ricostruito intorno al 1760, ha resistito alla forza distruttrice del tempo fino a circa 20 anni fa, ed i vecchi Pentonesi lo ricordano con tenace amore.

La facciata frontale, dalla linea semplice ed uniforme, presentava sopra la porta d’ingresso un finestrone ed era sormontata da un campanile a ventola con tre campane. Il tetto era fatto a sgrondi, mentre il muro posteriore, semicircolare, formava l’abside. Al fianco destro (lato verso Pentone) era addossata una capace cisterna che raccoglieva l’acqua piovana tanto necessaria, durante la fiera, per le numerose cavalcature. Al muro sinistro aderiva un altro corpo di fabbrica composto di un basso seminterrato e di due piani. Al primo piano uno stanzone comunicava ampiamente con la Chiesa e, al lato di questo, un corridoio immetteva nell’abside; al secondo piano vi erano due stanzette ed una piccola cucina: l’alloggio del « romito ». Il corpo di fabbrica, modificato ed ingrandito intorno al 1890, era composto nel ‘700 di « due celle con alto e basso ».

Semplice e suggestivo l’interno del piccolo Tempio. L’altare scolpito in parte nella roccia, di modeste dimensioni, ma molto grazioso, sosteneva una nicchia nella quale, sull’intonaco, era dipinta la SS.ma Vergine. Secondo la tradizione, la nicchia sarebbe stata l’antica icone costruita sul luogo della Divina Apparizione. La navata si allargava a destra- all’altezza dell’altare, verso lo stanzone al quale sì saliva per due scalini e dal quale i fedeli potevano ascoltare la Messa. Dietro l’altare, nell’abside, erano sistemati l’organo ed una piccola sagrestia. La volta aveva nel centro un. affresco di rozza fattura, che rappresentava la Madonna delle Grazie, con una epigrafe ricordante la costruzione della Chiesa da parte dei Procuratori Merante e Colao. Il pavimento era rustico e consumato in alcuni punti. Alle pareti erano appesi numerosi ex-voto, quasi tutti di cera, ed alcune stampelle, fra le quali vanno ricordate le piccole grucce dell’illustre scrittore calabrese G. Patari, sofferente, all’età di otto anni (1874), di postumi di frattura complicata del f2more sinistro, contro cui a nulla erano valse le comuni cure.1

Al Santuario si poteva entrare anche dal lato sinistro per due porte secondarie, delle quali l’una immetteva direttamente nella navata, l’altra, preceduta da una scaletta di pietra, dava adito al corridoio del primo piano. Al campanile si accedeva, per un angusto passaggio, dall’alloggio del romito.

Quattro alti pioppi ombreggiavano lo spiazzo antistante la Chiesa che ancora oggi è sostenuto da un robusto muro fatto costruire dal Procuratore nel 1880.

Nel 1910 il Santuario fu ripulito e dipinto, mentre la porta secondaria, che si apriva nella navata, essendo molto vicina all’altare, fu murata. il rozzo affresco della volta fu eliminato insieme all’iscrizione, ma le importanti notizie furono fedelmente trascritte su una targa che fu posta sulla parete sinistra della Chiesa.

Negli ultimi tempi, essendo orinai la vecchia Chiesa Rurale, per le sue modeste dimensioni, insufficiente allo sviluppo del culto, il Procuratore Arciprete Don Salvatore Mazzuca, intorno al 1938, decise di demolirla completamente e di fare sorgere al suo posto l’attuale Santuario più vasto e più adorno.

Nulla è rimasto del vecchio Tempio, se si eccttuano la nicchia, che non è più al suo posto, e una campana che fu donata, oltre un secolo fa, dalla nobile famiglia De Riso con la seguente iscrizione: « Questa campana si è fatta a devozione e a proprio denaro di Emanuele De Riso, patrizio della Città di Catanzaro ».

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Prima del 1850 il simulacro della SS. Vergine era rappresentato da una piccola statua, ch2 ancora si conserva ed è custodita gelosamente dalla mia famiglia. Nel 1850 l’Arciprete Don Vincenzo De Laurenzi ordinò a Napoli l’attuale meravigliosa Sacra Immagine. L’incarico di scegliere gli artisti e di sorvegliare il lavoro fu affidato al Dott. Giuseppe Pullano che lo espletò in maniera veramente lodevole. L’effige

della nostra Madonna, dal profilo ‘schietto, nobile, esprimente una grazia sovrumana, è, infatti, opera di grande pregio e costituisce il gioiello più caro della nostra Chiesa.

Non uguale fortuna ebbe l’Arciprete De Laurenzi nel restauro del quadro di Termine.

L’Immagine della Madonna era, come si è detto, dipinta su intonaco. Verso il 1890, poichè il dipinto appariva gravemente deteriorato e i contorni erano in gran parte scomparsì, l’Arciprete fu costretto a tentare il restauro. Il lavoro, benchè eseguito da uno dei migliori pittori di Catanzaro, non ebbe esito felice. Quindi il nostro compaesano, Rev. Don Sebastiano Rubino, che si dilettava con molto successo alla pittura, pensò di dipingere una nuova immagine ad olio su tela. il quadro, eseguito con gusto e grazia nel 1891, fu sovrapposto alla vecchia pittura deteriorata, dove rimase per circa venti anni. Attualmente si conserva nell’Asilo Infantile di Pentone.

Nel 1910 il Procuratore Dott. Antonio De Laurenzi ebbe l’idea di onorare il luogo, reso sacro dalla Apparizione della Vergine, con un dipinto di valore e si rivolse a Garibaldo Gariani, uno dei più illustri pittori italiani dei nostri tempi. L’insigne artista dipinse ad olio su intonaco un meraviglioso quadro che per anni fu meta di ammiratori e di studiosi.

Purtroppo, nella ricostruzione del Santuario (1938), la nicchia, nella quale era dipinto il quadro, fu rimossa in blocco dall’antico altare e incastonata nel muro dell’abside, per cui l’umidità del muro esterno distrusse la pregevole opera d’arte.

Anche se il dipinto è scomparso, tuttavia rimane la nicchia dalla quale la Madonna accolse le preghiere dei nostri padri. E noi formuliamo l’augurio che il glorioso avanzo dell’antica Chiesa sia rispettato e sia presto riportato, con un nuovo artistico quadro, sul luogo che la SS. Vergine volle rendere sacro con la Sua Apparizione. Non dobbiamo dimenticare che la nicchia, secondo la tradizione da tutti accettata, è l’antica icone, che fu costruita sulla roccia, là dove la Madonna disse a Maria Madia: « Qui è la mia dimora, qui deve rimanere la mia Immagine ».

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