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Ieri, con il mio amico Gerardo Pugliese sono andato al fiume Alli, posto a noi molto caro legato alla nostra infanzia. Per rientrare in paese abbiamo percorso il cosiddetto “irtu e Gullino”, tragitto che nei tempi passati veniva percorso a piedi da tutti quei pentonesi che trasportavano sulle loro spalle il frutto del loro lavoro in campagna, il sughero, le zzomme, la carbonella. Le donne invece salivano trasportando il loro bucato ma soprattutto la ginestra asciutta. La salita era molto irta, ma c’era una prima tappa per riposarsi, detta “u spesaturu”, all’ombra di un’imponente quercia da sughero, simbolo di forza e tenacia (è un detto pentonese infatti quello che dice: “tostu comu u suvaru”), in quanto albero resistente alle intemperie e ai frequenti incendi, che hanno lasciato sulla sua corteccia innumerevoli ferite. L’albero simboleggia la forza e la tenacia del popolo pentonese di allora, che ugualmente lottava contro le avversità. Oggi la strada si percorre in macchina e si può godere facilmente di un panorama molto suggestivo che racchiude boschi, valli e il mare. Se questa strada è più agevole lo dobbiamo all’ operato di Vincenzo Perricelli sindaco, che all’epoca ne stabilì il tracciato.

 

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